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Aliquota diversa per prodotti simili

Sentenza Corte di Giustizia UE C-146/22 del 5 ottobre 2023, caso YD 

A cura di Mario Spera - Pricipal Bernoni Grant Thornton

 

1. Premessa

Un interessante approfondimento operato dalla Corte di Giustizia UE (anche CGUE) nella sentenza C-146/22 del 5 ottobre 2023, caso YD, riguarda l’applicazione di aliquote IVA ridotte che, in particolare, nel settore alimentare possono risultare differenti con riferimento ad uno stesso prodotto in relazione alla modalità con cui il bene è fornito.

Nel caso di specie, la questione riguardava la Polonia in merito all’assoggettamento ad IVA di una bevanda composta di latte e cioccolato, per la quale erano applicate aliquote differenti a seconda che il bene fosse venduto al dettaglio oppure fosse preparato sul posto e fornito caldo per il consumo immediato.

La CGUE concentra la propria attenzione sulla necessità che sia assicurata la “neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione” (cfr. considerando 7 della Direttiva IVA 2006/112/CE). Da ciò deriva la necessità di una corretta qualificazione della bevanda in esame “denominata «Classic Hot Chocolate», che si presenta sotto forma di cioccolata calda preparata a base di latte e di una salsa al cioccolato”.

Pertanto, il giudice del rinvio ha chiesto, in primo luogo, alla CGUE se, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di legalità dell’imposta e di certezza del diritto, fosse possibile applicare alla predetta bevanda l’aliquota IVA ridotta del 5%, stabilita in Polonia per i prodotti alimentari, tra cui le bevande a base di latte (voce NC 2202), escludendo dalla suddetta aliquota i prodotti alimentari, tra cui le bevande a base di latte, classificati come servizi di ristorazione e di vendita di bevande, che sono, invece assoggettati di questi all’aliquota IVA dell’8%. 

In secondo luogo, ci si interroga sulla compatibilità della prassi nazionale con le norme unionali in presenza di due diverse aliquote ridotte applicabili a prodotti aventi le stesse caratteristiche e qualità oggettive, a seconda che siano o meno prestati servizi di preparazione e di somministrazione.

 

2. Aliquote diverse applicate allo stesso prodotto

Nella sua analisi la Corte di Giustizia parte dal presupposto che alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi si applica, in genere, la stessa aliquota IVA, di regola quella ordinaria, mentre le operazioni assoggettate ad aliquota ridotta sono quelle previste, in modo tassativo, nell’Allegato III della Direttiva 2006/112/CE (cfr. punti 31 e 32 della sentenza). Ai fini di una più puntuale qualificazione ed individuazione delle operazioni da assoggettare ad aliquota ridotta gli Stati possono utilizzare vari metodi, tra i quali rientra il ricorso alla nomenclatura combinata (che ha natura principalmente doganale).

È, tuttavia, importante che il principio di neutralità fiscale sia sempre rispettato, ferma restando la facoltà per il legislatore nazionale di scegliere liberamente il metodo di classificazione delle operazioni (di cui all’Allegato III della Direttiva IVA) a cui possa applicarsi un’aliquota ridotta.

In questo senso, già al punto 42 della sentenza C-703/19 del 22 aprile 2021, caso J.K, la CGUE, richiamando ulteriori precedenti pronunce, perveniva alla conclusione che “la direttiva IVA non osta (…) a che cessioni di beni o prestazioni di servizi rientranti nella medesima categoria di cui all’allegato III di tale direttiva siano assoggettate a due aliquote IVA ridotte diverse”.

Poiché questa affermazione rischierebbe di contrastare con quanto affermato nel considerando 7 della Direttiva IVA sulla necessità che agli stessi beni e servizi occorre applicare la medesima aliquota, è necessario comprendere in quale misura possano essere utilizzate aliquote differenti per beni e servizi analoghi.

 

3. Le conclusioni a cui perviene la sentenza C-146/22

Secondo la CGUE, ai fini della applicazione di aliquote diverse a prodotti pressocché simili, è necessario distinguere, come nel caso di specie, “tra le bevande al latte pronte per il consumo che sono commercializzate in negozi, in quanto classificate tra i prodotti alimentari (…), ai quali è applicata un’aliquota IVA ridotta del 5%, e le bevande calde al latte che, al pari della bevanda Classic Hot Chocolate (…), sono preparate dal dipendente di un caffè su richiesta di un cliente per un consumo immediato”, rientranti tra i «servizi di ristorazione e di vendita di bevande», assoggettate ad un’aliquota IVA ridotta dell’8% (cfr. punto 40 della sentenza C-146/22).

Proprio la considerazione che i beni in discorso possano rientrare tra i servizi di ristorazione e catering, impone di esaminare quanto affermato dall’art. 6 del Reg. di esecuzione UE n. 282/2011, che al paragrafo 1 attribuisce particolare rilevanza ai “servizi di supporto sufficienti a permetterne il consumo immediato” che accompagnano la “fornitura di cibi o bevande preparati o non preparati o di entrambi, destinati al consumo umano”. Il medesimo paragrafo, inoltre, sottolinea che i cibi e/o le bevande costituiscono solo una componente della fornitura complessa “in cui i servizi prevalgono”.

Orbene, se, in linea di principio, cessioni di beni e prestazioni di servizi simili, che possono essere in concorrenza tra loro, non devono essere trattati diversamente ai fini IVA, per individuare la presenza di una sostanziale distinzione, che giustifichi l’applicazione di aliquote diverse, è necessario indagare sulla percezione del bene o servizio dal punto di vista del consumatore medio. 

A questo fine, non bisogna trascurare la circostanza che la preparazione di una bevanda (come nel caso di specie) su specifica richiesta del cliente e la sua fornitura “calda”, di fatto prevedono un consumo “immediato”, cosa che non accade per le bevande già preparate e vendute direttamente dal negozio. In questo caso, può evidenziarsi la sostanziale differenza, che risulta tale da “esercitare un’influenza determinante sulla scelta del consumatore di acquistare l’una o l’altra di tali bevande, in quanto tale scelta non avviene nelle stesse condizioni né con lo stesso obiettivo, e ciò ancor meno se il consumatore può modificare la composizione delle prime bevande ordinando ingredienti supplementari” (cfr. punto 53 della sentenza C-146/22). Di fatto, è la scelta del consumatore medio che incide nella rilevazione della differenza tra prodotti e giustifica l’applicazione di aliquote differenti. 

Sulla base di questi ragionamenti la Corte di Giustizia UE perviene alla conclusione che l’applicazione di aliquote differenziate per prodotti alimentari simili non risulta contraria alle regole unionali, allorchè possa riconoscersi che gli stessi prodotti, nonostante abbiano in comune l’ingrediente principale, sono connotati da caratteristiche diverse e da servizi di supporto alla fornitura che influiscono significativamente sulla decisione del consumatore medio di acquistare l’uno o l’altro di essi.

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