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Sentenza Corte di Giustizia UE n. C-232/22 del 29 giugno 2023, caso Cabot Plastics
A cura di Mario Spera - Pricipal Bernoni Grant Thornton
1. Premessa
Il tema della individuazione della Stabile Organizzazione, ai fini IVA, risulta sempre di una certa complessità, anche con riferimento alle ricadute che potrebbero verificarsi in merito alla tassazione delle operazioni per le imposte sul reddito.
La Corte di giustizia riprende questa questione con la sentenza del 29 giugno 2023, C-232/22, caso Cabot Plastics, in cui si occupa del rapporto esistente tra due società appartenenti ad uno stesso gruppo internazionale (Cabot), in cui una società di diritto svizzero (Cabot Switzerland), che è la principale società operativa del gruppo per la regione “Europa, Medio-Oriente e Africa”, stipula contratti di lavoro conto terzi con diverse società del gruppo, tra cui anche la società commerciale belga Cabot Plastics.
Al riguardo, è evidenziato che la società belga è giuridicamente indipendente da quella svizzera, pur in presenza di un legame finanziario tra le due, e che la Cabot Switzerland è in possesso di un numero identificativo IVA in Belgio, utilizzato per le sue “attività di vendita di prodotti a base di carbonio”.
Il problema sottoposto alla Corte UE deriva dalla circostanza che la quasi totalità dell’attività svolta dalla Cabot Plastics consiste nell’utilizzo delle proprie apparecchiature “esclusivamente (…) per trasformare, in favore della società Cabot Switzerland e sotto la sua direzione, materie prime in prodotti che rientrano nella fabbricazione di plastiche” (Cfr. punto 8 della sentenza), e che la stessa società belga effettui nei confronti della consociata svizzera altri servizi accessori diretti a facilitare l’attività di rivendita dei prodotti realizzati. (i.e. “il deposito doganale dei prodotti, inclusa la gestione dei prodotti immagazzinati nei depositi detenuti da terzi, l’invio di raccomandazioni allo scopo di ottimizzare il processo di produzione, i controlli e le valutazioni tecniche interne ed esterne, la comunicazione dei risultati alla Cabot Switzerland o, ancora, le consegne o i servizi necessari ad altre unità di produzione” -Cfr. punto 10).
Sulla base delle precedenti considerazioni è stato posto il dubbio che la Cabot Plastics sia da considerare come una Stabile Organizzazione della società svizzera, in quanto impiega i propri mezzi tecnici e la propria struttura “esclusivamente o quasi esclusivamente” nella realizzazione delle operazioni della Società svizzera.
2. Stabile Organizzazione IVA
La necessità di individuare se la Cabot Plastics sia da qualificare o meno come stabile organizzazione di un soggetto estero è diretta, tra l’altro, a determinare il luogo in cui i servizi resi o ricevuti devono considerarsi territorialmente rilevanti. In proposito l’art. 44 della Direttiva 2006/112/CE (direttiva IVA) specifica, tra l’altro, che “se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione”. Inoltre, l’art. 11, par. 1, del Reg. di esecuzione UE n. 282/2011, precisa che “la «stabile organizzazione» designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica (…), caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione”.
Queste qualificazioni normative potrebbero portare a ritenere che la presenza di un contratto di esclusiva che comporta la realizzazione delle operazioni richieste da un soggetto estero unitamente ad altre prestazioni accessorie o supplementari comportano la qualificazione del prestatore come stabile organizzazione dello stesso soggetto estero.
Al riguardo la Corte di giustizia UE, già in precedenti occasioni (tra le tante sentenza C- 605/12 del 16 ottobre 2014, caso Welmory) ha precisato che le norme unionali citate individuano l’esistenza di una stabile organizzazione quando questa entità sia caratterizzata “da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici, atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione”. Da ciò deriva che può ritenersi che un soggetto estero abbia una stabile organizzazione in uno Stato membro, qualora ivi disponga “di una struttura caratterizzata da un sufficiente grado di permanenza, idonea a consentirle di ricevere le prestazioni di servizi di cui trattasi e di utilizzarle ai fini della propria attività economica” (Cfr. punto 31 della sentenza C-232/22). La qualificazione deve tener conto da un lato della figura “del soggetto passivo beneficiario al quale i servizi sono forniti”, dall’altro della circostanza che i mezzi tecnici messi a disposizione consentano al destinatario suddetto di poter effettivamente ricevere ed utilizzare tali prestazioni.
3. Il parere della Corte di giustizia UE
In primo luogo, la Corte osserva che per ritenere esistente una stabile organizzazione in un altro Stato membro non basta che la struttura abbia una presenza soltanto “puntuale”, ma è necessario, soprattutto che il soggetto passivo interessato possa disporre dei mezzi umani e tecnici dell’entità esistente nell’altro Stato membro come se fossero propri. In questo senso si esprime, tra l’altro, la sentenza C-333/20 del 7 aprile 2022, caso Berlin Chemie A. Menarini, in cui è affermato che la “qualificazione di un’organizzazione come «stabile organizzazione» non può dipendere dal solo status giuridico dell’entità interessata”, né tantomeno “può essere desunta dalla mera circostanza che tale società ivi possiede una società figlia” (Cfr. punti 38 e 40).
Peraltro, nella sentenza Cabot Plastics (in analogia a quanto già riportato al punto 48 della surrichiamata sentenza Berlin Chemie A. Menarini) è sottolineata la circostanza che, di regola, il soggetto passivo interessato “quand’anche abbia un solo cliente, utilizzi i mezzi tecnici e umani di cui dispone per le proprie esigenze”. In questo modo, quest’ultima, di fatto, rende prestazioni alla propria collegata “a suo proprio rischio”, rimanendo responsabile dei propri mezzi umani e tecnici di cui dispone, atteso che “il contratto di prestazione di servizi, benché esclusivo, non ha di per sé solo l’effetto che i mezzi di tale prestatore divengano quelli del suo cliente” (cfr. punto 39).
Né tanto meno incide sulla qualificazione di un soggetto come stabile organizzazione, la circostanza che questo fornisca anche una serie di servizi accessori e complementari diretti ad agevolare l’attività economica del destinatario, consistente nella vendita dei prodotti derivanti dal lavoro per conto terzi.
Pertanto, conclude la Corte di giustizia affermando che un soggetto stabilito al di fuori dell’UE nei cui confronti sono resi servizi in uno Stato membro in forza di un contratto di esclusiva per prestazioni di lavoro per conto terzi, unitamente a prestazioni accessorie/supplementari, che agevolano l’attività economica del destinatario in tale Stato membro, non può considerarsi possedere in quest’ultimo Stato una stabile organizzazione qualora non sia ivi in possesso di una “struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici che possa costituire tale stabile organizzazione”.