article banner
Newsletter

Tax News

Esterovestizione societaria  

Il 28 maggio 2019, la Cassazione con la sentenza n.14527/2019 si è espressa su un caso di esterovestizione societaria.

In particolare, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di un attento controllo circa la sede effettiva di una società, non potendo dichiararsi l’esterovestizione unicamente sulla base di presunzioni relative.

La controversia è nata da un controllo sostanziale nel corso del quale l’Agenzia delle Entrate ha constatato che una società olandese fosse stata fittiziamente costituita all’estero al solo fine dell’applicazione del regime agevolato di tassazione dei dividendi previsto dalla Convenzione Italia-Olanda sulle doppie imposizioni e del sistema di esenzione dei dividendi dalle imposte vigente in Olanda.

La CTR ha ritenuto che il caso di specie integrasse la fattispecie dell’esterovestizione, avendo la società controllante, nonostante la sede legale in Olanda, residenza effettiva in Italia e ritenendo probante la residenza in Italia degli amministratori della controllante.

Il giudice di appello nel caso di specie ha ritenuto non provata la residenza all’estero di una società olandese avendo tenuto conto dei seguenti fattori:

  • Gli amministratori risultavano residenti in Italia o nel Regno Unito;
  • L’attività effettiva della società era la gestione di pacchetti azionari;
  • L’effettiva amministrazione della società veniva svolta in Olanda (luogo effettivo di riunioni di Cda e assemblee dei soci);
  • dalle indagini risultava che la stessa non era effettivamente residente nei Paesi Bassi;

La Cassazione ha ritenuto infondata questa ricostruzione eccependo come non sia corretto presumere la residenza fiscale italiana di una holding passiva per il solo fatto che gli amministratori siano italiani (in realtà, alcuni di essi erano inglesi) e che l’attività della holding si limiti alla gestione del pacchetto azionario; al contrario, la produzione di documenti sociali attestanti lo svolgimento dei consigli di amministrazione e delle assemblee, nonché la disponibilità di locali atti allo scopo, sono stati ritenuti sufficienti ad escludere la residenza italiana della holding olandese.

Residenza di Holding estere

La sentenza della Corte di Cassazione del 21 giugno 2019, n.16697 è tornata a occuparsi della questione relativa all’individuazione della sede amministrativa di una società, necessaria per stabilire la corretta localizzazione della sua residenza fiscale, al fine di impedire fenomeni di c.d. esterovestizione.

La sentenza ribadisce il consolidato principio che vede la sede dell’amministrazione, quale criterio sia interno che convenzionale per l’assegnazione della residenza delle persone giuridiche, nello Stato in cui viene svolta l’attività direttiva e decisionale, il quale può essere diverso da quello in cui la società ha la propria sede legale.

La novità principale di tale sentenza risiede nel fatto che, a fronte di situazioni che dalla lettura delle motivazioni non appaiono così diverse, quest’ultima sentenza è stata di segno diverso da quelle assunte nel caso Dolce & Gabbana.

In particolare nella Sentenza n.16697 il ragionamento è rovesciato: la sede di Amsterdam è stata considerata, in ragione dell’esiguità della struttura e dei compiti meramente esecutivi, quale “realizzazione meramente artificiosa, finalizzata a scopi esclusivamente fiscali”.

Royalties estere e patent box

L’Agenzia delle Entrate, con il Principio di diritto n.15 del 29 maggio 2019, ha fornito chiarimenti in merito alla corretta determinazione del credito d’imposta estero, in base alle disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali, relativamente ad un flusso di royalties detassate per effetto dell’esercizio dell’opzione per il regime del “patent box”.

In particolare le Entrate hanno chiarito che la mancata “inclusione” del reddito estero nel reddito imponibile in Italia e quindi, il non realizzarsi della condizione del concorso del reddito estero al reddito complessivo, comporta l’impossibilità di procedere alla stessa determinazione del credito d’imposta, quindi, anche nel caso di detassazione di una parte del reddito estero per effetto dell’applicazione dell’istituto del patent box.

Transfer Pricing – la rettifica tra società infra gruppo

La Corte di Cassazione con la sentenza n.16948/2019 depositata in data 25/06/2019 ha chiarito il tema di rettifica in materia di transfer pricing con riferimento a operazioni con società estere e infragruppo.

In particolare è stato affermato che suddetto tema riguarda esclusivamente operazioni con società estere non esistendo nel nostro ordinamento una norma che consenta un accertamento simile nell’ambito di operazioni tra imprese dello stesso gruppo svolte sul territorio nazionale.

E’ stato richiamato sul tema della valutazione di anti economicità l’art.5 del Dlgs 147/2015 il quale precisa che la disciplina del transfer pricing e la relativa valutazione del valore normale non si applica per operazioni tra imprese residenti nel territorio dello stato.

In particolare è stato chiarito che le operazioni infragruppo possono essere valutate “antieconomiche”

  • Qualora i costi sostenuti da un’impresa siano eccessivi e sproporzionati, minacciando il rispetto del principio di inerenza;
  • Qualora i profitti siano eccessivamente ridotti, costituendo un possibile occultamento del prezzo.

E’stato escluso dai Giudici di Legittimità che l’amministrazione possa procedere all’accertamento del transfer pricing in caso di applicazione dello stesso tra società residenti nel territorio dello stato. 

Società estera senza sede in Italia – no sostituto d’’imposta

L’Agenzia delle Entrate in risposta all’interpello n.312 di giugno 2019 ha chiarito che una società estera che non ha una stabile organizzazione in Italia non può assumere il ruolo di sostituto d’imposta e pertanto non è tenuta ad applicare le ritenute sulle somme corrisposte al lavoratore italiano

Il caso riguardava una società di diritto spagnola che svolgeva attività di gestione e amministrazione di valori mobiliari di soggetti residenti e non residenti in Spagna. La società aveva deciso di assumere un lavoratore dipendente residente in Italia per promuovere la propria attività  istituzionale e per segnalare opportunità di business. Al tal fine aveva conferito mandato ad un soggetto terzo per lo svolgimento degli adempimenti previdenziali, assicurativi e fiscali connessi alle attività  lavorativa che la persona da assumere avrebbe dovuto svolgere in Italia.

Patent box fai da te

 ll regime “Patent Box” consente alle società titolari di taluni beni immateriali – segnatamente software, brevetti, disegni e modelli, e know-how – di fruire di un incentivo fiscale correlato all’utilizzo diretto e/o indiretto che le medesime operano in relazione ai citati intangibili.

L’art.4, D.L. 30 aprile 2019, n.34 (c.d. Decreto Crescita) ha introdotto la facoltà per le imprese che optano per il regime “Patent Box” di determinare autonomamente il beneficio fiscale, indicando le informazioni necessarie in idonea documentazione predisposta conformemente alle indicazioni fornite nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate prot. n. 658445/2019 del 30 luglio 2019.

L’opzione per il Regime di Autoliquidazione va comunicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui si intende fruire dell’agevolazione, ha durata annuale, è irrevocabile e rinnovabile.

Una volta esercitata l’opzione, il beneficio, che si sostanzia in una variazione in diminuzione da apportare in dichiarazione, dovrà essere ripartito in tre quote annuali di pari importo, da indicare nelle dichiarazioni IRES/IRAP relative al periodo di esercizio dell’opzione e ai due successivi.

Il Provvedimento elenca così tutta la documentazione necessaria ai fini della corretta fruizione dell'agevolazione.

Per quanto riguarda invece gli esercizi antecedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Crescita, il contribuente che, ai sensi delI decreto Patent Box, abbia determinato autonomamente e indicato in dichiarazione il reddito agevolabile, effettua la comunicazione del possesso della documentazione prevista nel presente provvedimento tramite PEC o raccomandata a/r da inviare all’Ufficio competente in ragione del proprio domicilio fiscale, purché tale comunicazione sia presentata prima della formale conoscenza dell’inizio di qualunque attività di controllo relativa al regime agevolativo.