Corriere della Sera

Irpef e pace fiscale: ai commercialisti piace la riforma

Giuseppe Bernoni
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La riforma fiscale allo studio del governo potrebbe davvero cambiare il volto al nostro sistema tributario. In ballo riforme sostanziali come quella di Irpef e Irap ma anche organiche come il sistema sanzionatorio e il calendario fiscale. Altre volte però in passato «la montagna ha partorito il topolino» e riforme che si annunciavano epocali si sono rivelate molto meno incisive del previsto. Rispetto ai precedenti però stavolta si registra sintonia del mondo dei commercialisti in merito, per esempio, alle linee programmatiche enunciate dal viceministro Maurizio Leo. 

«C’è una grande disponibilità all’ascolto e alla valorizzazione delle nostre competenze da parte del governo – afferma e Salvatore Regalbuto, tesoriere del Consiglio nazione con delega all’area fiscale – spesso in linea con le proposte del Consiglio Nazionale dei commercialisti, su temi molto importanti a cominciare dalla riforma dell’Irpef». Un cambiamento che sembra possa sfociare nella riduzione da quattro a tre aliquote comprimendo le due di mezzo attuali in una sola. 

«Una formula che porterebbe un po’ di respiro alla classe media — spiega Regalbuto —. L’Irpef dovrebbe premiare le famiglie con figli, una premialità crescente al crescere del nucleo familiare. Nel nostro paese la natalità è talmente in diminuzione da far prevedere un calo della popolazione di 10 milioni nei prossimi anni. Bisogna restituire una giusta pressione fiscale alle famiglie perché possano aumentare senza perdere potere d’acquisto». 

Forse però bisognerebbe discutere anche di quale soglia di reddito rappresenti la fascia media: i 50 mila euro lordi che oggi definiscono la fascia dei benestanti appare fuori dal tempo. «Vero — concorda il consigliere del Consiglio nazionale — quel reddito rappresenta fascia media non certo reddito alto, ma elevare la soglia dell’aliquota marginale non è un obiettivo attualmente perseguibile. Meglio andare per step». 

Nel frattempo si parla di una riforma dal volto più umano sia per l’attenzione al ceto medio che per l’avvio della pace fiscale. «I vantaggi reali della riforma Irpef sono consistenti e pongono in una condizione più equa una parte del ceto medio — afferma Giuseppe Bernoni, presidente di Bernoni Grant Thornton ed ex presidente dei commercialisti. 

La pace fiscale inoltre è un buon strumento di riforma. Non si tratta di un vero e proprio condono perché consente ai contribuenti di versare gli importi dovuti senza sanzioni e interessi realizzando una auspicabile riduzione del contenzioso tributario arretrato. Infatti una buona riforma tributaria dovrebbe prevedere (oltre una riduzione del contenzioso tributario): la certezza del diritto, adeguate semplificazioni e la riduzione dell’imposta». 

Sul tavolo della riforma però c’è molto altro: Ires, Irap, calendario fiscale, per citare i temi più rilevanti. «L’Ires — continua Regalbuto — dovrebbe acquisire una nuova identità, diventare un sistema premiante per gli imprenditori che scommettono sulla crescita della loro azienda, servire a incentivare innovazione e investimenti presso la propria impresa. L’Irap invece da tempo ha dinamiche tutte sue poco consone alla realtà attuale.  

Però si tratta di una tassa che finanzia gran parte della sanità pubblica e quindi meglio sostituirla con un’addizionale Ires regionale che garantisca lo stesso gettito ma con un adempimento in meno a carico delle imprese, Il calendario fiscale, per esempio, migliora semplificando proprio imposte come l’Irap oppure eliminando micro tributi che ormai sono solo adempimenti e assicurano gettiti trascurabili».