Il Sole 24 Ore

Cram down limitato con clausole anti abuso

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L’interesse nei confronti della transazione fiscale è cresciuto notevolmente nel corso degli ultimi due anni.

Istituto introdotto nel 2006, poi ampliato nel 2016 prevedendo anche la falcidiabilità dell’IVA e delle ritenute, ha acquisto la sua massima portata con l’introduzione, nel 2020, del cram down (ovvero l’imposizione forzata dell'accordo ai creditori dissenzienti). Recepito anche nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, nel biennio 2023-2024, l’istituto è stato oggetto di rilevanti modifiche legislative che ne hanno depotenziato – o quantomeno modificato – la portata. 

La prima, delle più recenti modifiche, ha riguardato la norma, cd. anti-abuso, che ha inasprito i limiti all’applicazione del cram down negli Accordi di ristrutturazione dei debiti, già introdotti con il precedente decreto “correttivo”. Le soglie per l’applicazione del cram down nell’ambito dei piani in continuità aziendale sono state infatti portate, dalle iniziali 30-40% del debito alle attuali 50-60%.

Di fatto, non è tanto l’impatto “quantitativo” della modifica, peraltro del solo 5% circa (30-40% del debito totale vs 50-60% del debito, esclusi interessi e sanzioni), a depotenziare e snaturare l’istituto del cram down, quanto piuttosto la norma anti-abuso stessa. Si ricorda infatti che, l’introduzione del cram down nasceva con l’intento di sopperire alle inefficienze degli Enti che, di fronte a proposte palesemente convenienti, esprimevano il proprio diniego o non si esprimevano in alcun modo. 

E dunque, la portata generale della norma anti-abuso finirebbe per penalizzare anche le proposte convenienti per l’Erario, ma semplicemente “sotto soglia” esponendo così le imprese al pericolo delle inefficienze degli Enti. Sempre per gli AdR, altre modifiche hanno depotenziato la portata del cram down: il limite temporale (debito contratto in almeno 5 anni anche non consecutivi); l’ammontare del debito (superiore all’80% dei debiti da ristrutturare); la genesi del debito (per almeno un terzo derivante da operazioni fraudolente). C’è da chiedersi se con quest’ultimo tecnicismo sia stato di fatto introdotto un principio di meritevolezza. 

La seconda delle più recenti modifiche ha invece – finalmente – introdotto la transazione fiscale anche nella Composizione Negoziata della Crisi. Se da un lato, è certo che l’introduzione dell’istituto gioverà sia alle imprese che alle casse dell’Erario, dall’altro non si può ignorare come, in questa sede, la transazione assuma una forma più “lieve”. 

Infatti, non prevedendo la possibilità di cram down, nella CNC le trattative con l’Erario finiscono per assumere la veste di meri “Accordi”, legittimando il Fisco ad accettare moratorie o stralci, ma negando all’imprenditore la “forza negoziale” della salvaguardia del cram down. 

Rimane l’auspicio che, in futuro, intervengano ulteriori modifiche normative, per uniformare la portata della transazione fiscale nella CNC a quella degli altri istituti.


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