Corriere della Sera

Società tra professionisti, ora il fisco sarà più amico

Giuseppe Bernoni
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Il decreto sulla neutralità tributaria riconosce l’importanza di favorire le aggregazioni tra gli studi, finora penalizzate dalla normativa rispetto alle imprese
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Negli ultimi anni, il sistema legislativo non ha favorito lo sviluppo di collaborazioni più strutturate tra professionisti. Contrariamente alle riorganizzazioni aziendali, che spesso beneficiano della neutralità fi-scale, i professionisti hanno continuato a scontare un'elevata pressione tributaria. Questa situazione ha scoraggiato lo sviluppo del settore, nonostante una crescente domanda di servizi sempre più multidisciplinari e specializzati da parte del mercato. Dopo anni di richieste da parte dei professionisti, delle associazioni di categoria, finalmente con il nuovo decreto sulla neutralità fiscale viene riconosciuta l'importanza di agevolare le operazioni di aggregazione tra professionisti e promuovere la loro crescita.

«Con lo schema di decreto di riforma, approvato dal governo il 30 aprile scorso — ricorda Giuseppe Bernoni, ex presidente nazionale dei commercialisti e fondatore dello studio internazionale Bernoni Grant Thornton — è stata prevista la revisione della disciplina del reddito di lavoro autonomo. In questo modo si è avvicinato il loro reddito a quello delle imprese consentendo ai professionisti di affrontare la concorrenza piuttosto agguerrita mediante la riduzione dei costi, l'introduzione di professionisti specialistici e acquisire strumenti tecnologici sempre più necessari per la gestione e lo sviluppo».

Perché aggregarsi

Oggi il settore professionale ha «fame» di aggregazione: i dati dell'Osservatorio MpO, studio specializzato in M&A professionali, dicono che, mentre pre-Covid due operazioni su tre erano determinate dalla necessità di gestire il passaggio generazionale dello studio, oggi tale necessità spiega meno di un'operazione su due con l'aggregazione che diventa il driver principale. Anche la quota di controparti under 40, seppur contenuta, è raddoppiata (dal 3% al 6%).«Crediamo fermamente che le aggregazioni rappresentino una strategia essenziale per gli studi che desiderano ampliare la propria portata, condividere competenze e risorse, e affrontare le sfide del mercato moderno spiega Alessandro Siess, co-founder di MpO. Permettono di rendere più efficienti le strutture secondo modelli più complessi, e, in questo senso, esempio significativo sono i commercialisti per i quali ci sono i dati annuali del rapporto sulla loro categoria: chi esercita la professione in forma associata o societaria (totale o parziale) ha un reddito medio pari a ben 125 mila euro (volume d'affari 245 mila euro) contro i 49 mila euro di chi opera in forma individuale (volume d'affari 80 mila euro)».

Guardando ai diversi settori professionali, quali saranno i piu reattivi nel cogliere le opportunità? «A nostro avviso sostiene Corrado Mandirola ad di MpO - saranno i commercialisti e consulenti del lavoro che oggi per noi sono i più dinamici, coprendo oltre 2 operazioni su 3, e anche quelli più abituati a masticare fiscalità e operazioni M&A. II decreto sbloccherà pure diverse operazioni in cui l'aggregatore è un grande gruppo, spesso con alle spalle fondi di investimento, per i quali l'operazione si può configurare solo come acquisto di quote di società di capitali. In questi ca-si, il target professionale deve necessariamente trasformarsi, e finalmente potrà farlo in regime di neutralità».

Miglioramenti

Guardando invece alle dimensioni degli studi, l'eliminazione degli oneri fiscali attraverso la neutralità tributaria può essere particolarmente vantaggiosa per gli studi più piccoli perché riduce le barriere iniziali all'entrata per le operazioni di aggregazione. Ma si può ancora migliorare il testo normativo? «L'atto costitutivo della società tra professionisti - osserva Bernoni — secondo la legge, dovrà prevedere in via esclusiva l'attività del socio; sarebbe però auspicabile, qualora lo statuto lo prevedesse, introdurre una previsione più elastica per consentire, in certi casi, al socio di esserlo anche di un'altra società tra professionisti. Inoltre, possono essere previsti soci di capitale, con i limiti posti dalla legge, onde consentire il finanziamento delle nuove strutture».

 

Isidoro Trovato, Corriere della Sera - L'Economia