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L’internazionalizzazione delle PMI attraverso le operazioni di M&A

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Il processo di globalizzazione, la scomparsa delle frontiere e l'aumento del potenziale di sfruttamento delle opportunità commerciali create dalla rivoluzione digitale hanno radicalmente trasformato il panorama del mercato italiano. In un contesto competitivo sempre più dinamico e internazionale, le imprese italiane – tradizionalmente più conservative – al fine di preservare le proprie quote di mercato si trovano ad affrontare sempre più nuove sfide, a dover acquisire nuove competenze e capacità di adattamento alle mutevoli richieste del mercato globale.

Mentre il fenomeno pandemico COVID-19 imperversava nel 2020 e poneva freni a interi mercati e catene di approvvigionamento, molte aziende del mid market sceglievano di ridimensionare le loro ambizioni internazionali e di concentrarsi maggiormente sul mercato domestico. A quattro anni di distanza, questa tendenza si è ormai considerevolmente invertita. Un numero sempre maggiore di aziende di qualsivoglia settore e dimensione sta valutando o intraprendendo un processo di internazionalizzazione.

L'internazionalizzazione è il processo graduale attraverso il quale aziende di un determinato Paese iniziano a sviluppare attività al di fuori del proprio Paese di origine. Tali attività possono inizialmente consistere in modalità più semplici e con bassa domanda di risorse, come esportazioni - dirette o attraverso intermediari-, relazioni con fornitori, accordi commerciali, per poi culminare con aperture di unità produttive all'estero e infine operazioni di M&A cross-border, modalità caratterizzate da un maggiore grado di rischio e complessità.

Tramite le operazioni di M&A cross-border, le imprese possono penetrare nuovi mercati e canali distributivi, nonché ampliare e diversificare l’offerta di prodotti o servizi beneficiando delle sinergie operative instaurate con l’impresa estera controparte. Seppur da un lato presentando gli elementi di criticità tipici delle operazioni di M&A come l’elevata difficoltà nel selezionare il partner e intraprendere le relative negoziazioni, la condivisione del proprio know-how e la complessità del processo di integrazione, d’altro canto approcciare un nuovo mercato in autonomia potrebbe risultare ancor più rischioso, a causa della difficoltà di radicarsi e affermare la propria presenza soprattutto in Paesi molto distanti dal proprio.

Ponderate le ragioni che spingono un’impresa a intraprendere tale processo, elementi chiave nella formulazione della conseguente strategia saranno la scelta dei Paesi, le modalità di ingresso – pocanzi elencate - e le future strategie competitive e di approccio al nuovo mercato che si vorranno implementare.

Per quanto riguarda la scelta dei Paesi di destinazione, si osserva che spesso le imprese, soprattutto se di piccole dimensioni, non svolgono alcuna analisi di mercato, ma fondano le proprie valutazioni su contatti e informazioni in loro possesso, sulla distanza geografica e culturale e sulle azioni intraprese dai competitor. Tuttavia, una decisione più ponderata, presupporrebbe innanzitutto un’attenta analisi di due elementi chiave: l’attrattività e l’accessibilità del paese.

L’attrattività prende in esame una serie di variabili macro-ambientali, di tipo economico, geografico, demografico, culturale e tecnologico, nonché variabili legate al contesto competitivo come dimensione della domanda, caratteristiche dei segmenti di mercato e fattori critici di successo.

L’accessibilità è invece intesa come presenza di barriere all’ingresso che possono essere di tipo naturale, concorrenziale o artificiale, come ad esempio provvedimenti governativi atti a limitare l’ingresso di imprese straniere e/o dei loro prodotti nel territorio doganale del proprio Stato.

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