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DORA e NIS 2
L’entrata in vigore del DORA e di NIS2 rappresenta un passo significativo verso l’uniformità nella gestione della cybersecurity nel settore finanziario e non solo
1. I soggetti del trust e i suoi elementi essenziali
Il trust è un rapporto giuridico creato inter vivos o mortis causa in base al quale un soggetto, il disponente (o “settlor”), trasferisce i propri beni (come ad esempio terreni, immobili, denaro, azioni o anche oggetti antichi) ponendoli sotto il controllo di uno o più trustee, nell’interesse di uno o più beneficiari o anche per uno scopo prestabilito.
I “trustee” sono i soggetti che detengono e amministrano i beni del trust nell’interesse dei beneficiari. Essi devono agire onestamente e in buona fede perseguendo il miglior interesse dei beneficiari e, nel far ciò, sono obbligati a rispettare le clausole dell’atto istitutivo.
Un “beneficiario” è, pertanto, chiunque si avvantaggi dei beni posti in trust.
Ciascun beneficiario può trarre vantaggio dal trust in modo differente, ad esempio può beneficiare:
- del solo reddito (ciò significa, in pratica, che i beneficiari di reddito sono titolari del diritto a ricevere tutto o parte del reddito prodotto dal trust, al netto delle spese);
- del solo capitale (per esempio, i beneficiari di capitale potrebbero essere titolari del diritto a ricevere partecipazioni costituite in trust al raggiungimento di una determinata età);
- sia del reddito che del capitale.
Ai soli fini fiscali, vengono così individuate due differenti tipologie di trust:
a) i trust trasparenti, ossia i trust con “beneficiari individuati”. I redditi prodotti dal trust sono imputati ai beneficiari stessi “in ogni caso”, cioè “indipendentemente” dall’effettiva percezione, secondo un criterio di competenza e, conseguentemente, tali redditi sono assoggettati ad imposizione per imputazione nei confronti dei beneficiari individuati.
A tali fini, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. Ciò detto, va sottolineato che la mera identificazione dei nomi dei beneficiari non è sufficiente affinché gli stessi possano considerarsi “individuati”, né tantomeno è sufficiente un’individuazione per “categoria” (ad esempio, “i discendenti del settlor”).
Nella Circolare n. 61/2010 è stato inoltre chiarito che il reddito imputato dal trust a beneficiari residenti è imponibile in Italia in capo a questi ultimi quale reddito di capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o meno residente in Italia e che il reddito sia o meno stato prodotto nel territorio dello Stato.
b) i trust opachi: si tratta di un trust senza «beneficiari individuati», i cui redditi vengono direttamente attribuiti al trust medesimo. Il trust opaco è trattato come un autonomo soggetto d’imposta.
Nel caso di trust opachi residenti nel territorio dello Stato, l’imposizione dei redditi da questi prodotti avviene una sola volta ed esclusivamente nei confronti del trust. Infatti, i redditi prodotti dai trust opachi sono assoggettati ad IRES direttamente ed esclusivamente nei confronti del trust (le modalità di determinazione cambiano a seconda della natura del trust).
2. La neutralità fiscale dell’apporto dei beni in trust ai fini delle imposte dirette
In linea di principio, l’apporto di beni in trust da parte di una persona fisica non ha implicazioni ai fini delle imposte sui redditi (si assume che si tratti di beni estranei al regime di impresa), poiché il passaggio dei beni dal disponente al trust avviene senza pattuizione di alcun corrispettivo ed è, quindi, una transazione fiscalmente neutrale ai fini Irpef.
Più precisamente, come confermato nella Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007, quando il settlor persona fisica trasferisce propri beni al trust (diversi dai beni relativi a un’impresa individuale):
- non si genera materia imponibile in capo al settlor;
- il costo fiscale dei beni trasferiti al trust corrisponde all’ultimo costo fiscalmente riconosciuto dei beni in capo al disponente;
- il periodo minimo di possesso (necessario per fruire di determinate esenzioni o regimi agevolativi) non è interrotto dal trasferimento dei beni al trust.
3. L’irrilevanza fiscale delle distribuzioni effettuate da trust residenti in Italia
L’Agenzia delle Entrate ha costantemente escluso che le distribuzioni effettuate da trust residenti in Italia a favore dei propri beneficiari potessero essere imponibili in capo a questi ultimi ai fini Irpef.
Infatti, secondo l’Agenzia delle Entrate (cfr. Circolare 48/E del 6 agosto 2007):
- In ipotesi di trust trasparenti “l’effettiva percezione dei redditi da parte dei beneficiari rimane una mera movimentazione finanziaria, ininfluente ai fini della determinazione del reddito”;
- In ipotesi di trust opachi, i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo al trust prima della individuazione dei beneficiari, non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione.
Dalla prassi amministrativa riportata si evince, quindi, che le erogazioni effettuate da un trust residente in Italia a favore dei beneficiari non rappresentano ipotesi assoggettabile ad imposizione diretta in capo a questi ultimi. Naturalmente, deve trattarsi di erogazioni previste dall’atto di trust, ossia erogazioni effettuate dal trustee nell’esercizio delle sue funzioni di esecutore delle volontà del disponente, in attuazione del programma e delle finalità che hanno portato all’istituzione del trust.
Infine, occorre tenere presente che le distribuzioni effettuate da trust non residenti a favore di beneficiari italiani, non rientrando nel perimetro qui descritto, subiscono un differente trattamento fiscale a seconda che il trust estero sia identificato come opaco o trasparente ed in relazione al fatto che si tratti di trust stabilito o meno in un paese c.d. black list.
4. Disciplina ai fini delle imposte indirette
L’Agenzia delle Entrate prendendo atto dell’orientamento consolidato della Corte di Cassazione e si sta adeguando all’impostazione della c.d. “tassazione all’uscita”, secondo la quale i trasferimenti di beni che interessano la vita di un trust rilevano, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni e delle imposte ipotecarie e catastali, solo nel momento in cui i beni vengono attribuiti in modo definitivo dal trustee ai beneficiari, perché solo in quel momento si realizza un arricchimento patrimoniale stabile che ne legittima l’imposizione.
A questo proposito, occorre porre in evidenza il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, contenuto in diverse sentenze della Corte di Cassazione in base al quale la costituzione di un vincolo di destinazione - ambito nel quale rientra l’apporto dei beni in trust - non può essere considerato di per sé una manifestazione di capacità contributiva, che la giurisprudenza ha ribadito essere il presupposto per l’applicazione dell’imposta.
Ciò che rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione e donazione, è, infatti, soltanto l’eventuale successivo trasferimento finale al beneficiario.
Tutto ciò premesso, ne consegue che:
- l’atto istitutivo e l’atto di dotazione del trust sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa;
- l’imposta di donazione è applicata al momento del trasferimento dei beni ai beneficiari ed è determinata con le aliquote e le franchigie calcolate sulla base del rapporto di parentela o affinità esistente tra disponente e beneficiari finali.