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Parere dell'esperto

Il trust nel passaggio generazionale

Ricorre nel 2022 il trentesimo anniversario del Trust in Italia.

Tale istituto giuridico trova legittimazione nel nostro ordinamento a seguito dell’adesione italiana alla Convenzione dell’Aja sui Trust del 1° luglio 1985, con decorrenza dal 1° gennaio 1992.

Proprio la Convenzione dell’Aja determina lo schema civilistico “base” dell’istituto del Trust, che prevede la presenza di un disponente (detto settlor) che si spoglia di determinati asset di sua proprietà (il trust fund) conferendoli ad un soggetto terzo (il trustee) che ha l’obbligo giuridico di amministrarli (e rendere conto di suddetta gestione) nei termini e nelle modalità cristallizzate dall’atto istitutivo di trust (il trust deed) nell’interesse o in favore di uno o più beneficiari (indicati o da indicare) o per perseguire uno scopo predeterminato.

Possibile, ma non obbligatoria, è la figura del guardiano (il protector) che può assumere compiti principalmente di controllo dell’operato del trustee.

Un trust così istituito produce un effetto cosiddetto “segregativo”, poiché i beni conferiti in trust ed intestati al trustee, escono dal patrimonio del disponente ma NON entrano a far parte del patrimonio del trustee, costituendo di fatto una massa patrimoniale distinta sia dal patrimonio del settlor che del trustee. Il trust fund diventa quindi non aggredibile dai creditori del disponente ma anche dai creditori del trustee (salvo eccezioni patologiche per l’utilizzo fraudolento dello strumento).

Il settlor inoltre ha sempre il diritto di inviare al trustee le cosiddette “lettere dei desideri” (le letter of wishes), che solitamente integrano quanto disposto aggiungendo ulteriori informazioni o appunto desideri del settlor sulla gestione degli asset. Differentemente dall’atto di trust, che il trustee è obbligato a seguire pedissequamente a pena di responsabilità, le lettere dei desideri non comportano alcun obbligo giuridico di seguirle per il trustee, che tuttavia, di norma, vi si attiene salvo giustificato e grave motivo.

Il trust, grazie alla sua duttilità, è senza dubbio strumento che si presta ad essere utilizzato in situazioni particolarmente complesse, difficilmente risolvibili dagli istituti civilistici “tradizionali” presenti nel nostro codice Civile. Ciò è soprattutto vero in tema di passaggio generazionale.

Un trust può ledere i diritti dei legittimari?

Il nostro ordinamento prescrive che a favore dei legittimari (coniuge/figli e, in assenza di quest’ultimi gli ascendenti) sia riservata una quota di eredità (detta quota “legittima”) con percentuali differenti a seconda della qualità e del numero di detti legittimari. La parte di eredità non vincolata ai legittimari (detta quota “disponibile”) può essere devoluta liberamente da parte del testatore a favore di qualsiasi soggetto.

Chiaramente, se la successione è regolata dalla legge italiana, un trust non può ledere i diritti dei legittimari, con due conseguenze derivanti: da un lato il trust rimarrà perfettamente valido ed efficace ma le disposizioni del trust deed lesive dei diritti dei legittimari possono essere soggette ad azione di riduzione da parte dei legittimari (anche se si tratta di un azione giudiziaria di non facile applicabilità pratica); dall’altro se il trust è contenuto in un testamento, le disposizioni potrebbero considerarsi addirittura nulle, stante il divieto di pesi e condizioni sulla legittima disciplinato dall’articolo 579 Codice Civile.

Tuttavia sono possibili opzioni applicative per ottenere comunque lo scopo prefissato.

La prima consiste nel fare in modo che la successione sia regolata non dalla legge italiana ma dalla legge di uno stato straniero che non prevede la tutela dei legittimari (ma in questo caso si potrebbero ledere solamente i diritti dei legittimari che risiedono in tale stato e non, ad esempio, in Italia).

La seconda, più efficace, consiste nella collocazione dei beni del disponente in uno stato il cui ordinamento, oltre a non prevedere norme a tutela dei legittimari, contenga disposizioni che impediscono ai giudici di detto stato di dare efficacia a sentenze di Stati che tutelano i diritti dei legittimari.

In tal modo, se il legittimario leso agirà con l’azione di riduzione contro il trust davanti ad un giudice straniero, soccomberà in quanto le leggi di quello stato non prevedono la legittima. Mentre invece se il legittimario leso agirà davanti ad un tribunale italiano ottenendo una sentenza favorevole, non riuscirà a darne esecuzione nello stato estero.

È possibile istituire un trust con trattamenti differenziati tra i beneficiari?

Certamente sì, l’estrema duttilità dello strumento prevede infatti la possibilità (fin dall’atto di trust iniziale) di creare vere e proprie classi di beneficiari che possono ricevere trattamenti assai diversificati in tema di distribuzioni e/o rendite degli asset oggetto del trust fund, anche successivamente alla morte del disponente. A tal fine è sempre possibile istituire dei “sottofondi” nei quali far confluire i redditi derivanti da uno specifico asset o una specifica società del trust fund.

Le disposizioni dell’atto di trust sono integrabili / modificabili? Quanto può durare un trust?

Il settlor ha il potere di intervenire nella gestione “ordinaria” del trust attraverso le lettere dei desideri - di cui si è già parlato sopra - che il trustee, salvo casi patologici, tende ad osservare. Se l’atto istitutivo e la legge istitutiva lo prevedono è anche possibile intervenire per la modifica di parte (o della totalità) del trust deed.

Per quanto concerne la durata la Convenzione dell’Aja indica che l’individuazione della durata di un trust va eseguita sulla base della legge regolatrice prescelta da chi lo costituisce. Deve essere comunque sempre indicata una durata massima e un termine di scadenza. Non vi è tuttavia una durata standard anche se di norma si può prevedere nell’atto istitutivo una risoluzione anticipata per scopo perseguito e anticipatamente raggiunto ovvero irrealizzabile, trustee non sostituibile (caso rarissimo) oppure volontà espressa di tutti i beneficiari (se previsto dalla legge regolatrice).

Quale legge regolatrice scegliere?

Nonostante l’adesione e la ratifica dell’Italia alla Convenzione dell’Aja, il nostro paese non ha mai prodotto una legge italiana sul trust.
Ad oggi, i soggetti che hanno intenzione di istituire un trust in Italia sono quindi “costretti” ad utilizzare come legge regolatrice del trust una normativa straniera, con l’unico limite della compatibilità con l’ordinamento interno.

Come già ampiamente ribadito il trust è uno strumento assai duttile e modellabile sull’esigenze concrete del richiedente, ne consegue che anche la legge regolatrice deve essere scelta sulla base delle specificità del caso concreto anche al fine di scoraggiare possibili controversie giudiziarie tra i soggetti. 

Imprescindibile risulta quindi l’affidamento ad un professionista in grado di individuare la legge regolatrice più adatta alle esigenze concrete sottese alla costituzione del trust.

Conclusioni

Il trust è uno strumento duttile e flessibile, capace di adattarsi ad ogni circostanza concreta, grazie alla pressoché infinita libertà di scelta sul contenuto dell’atto e la moltitudine di leggi regolatrici potenzialmente applicabili. È nell’ambito del passaggio generazionale però che il trust manifesta tutta la sua potenzialità, poiché, se sapientemente utilizzato può sopperire alle mancanze e rigidità del sistema successorio italiano, soprattutto in materia di quota legittima.

Come contraltare tuttavia, il trust è strumento assai complesso, che necessita dell’intervento di professionisti seri e competenti, sia in fase istitutiva dell’atto di trust sia durante il periodo in cui il trust è operativo, onde evitare possibili controversie giudiziarie tra i soggetti.