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Il legislatore nazionale, nell’ambito dei vari provvedimenti che coprono i diversi profili di crisi generata dalla pandemia da COVID-19 sulle imprese, si è occupato anche degli impatti da questa prodotti sulla rappresentazione dei valori di bilancio (si pensi al peggioramento dei rating economico-finanziari così come all’incidenza delle perdite sul patrimonio netto).
Già con il Decreto Rilancio (legge di conversione n. 77/2020) aveva introdotto un meccanismo presuntivo di valutazione della continuità aziendale dei valori di bilancio allo scopo di evitare che l’applicazione degli ordinari criteri civilistici di redazione del bilancio, nel contesto eccezionale di crisi da Covid-19, potessero condurre l’impresa alla cessazione dell’attività.
Il Decreto Agosto del 14 agosto 2020, n. 104, così come modificato in sede di conversione dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, sempre nel presupposto che la situazione eccezionale che stiamo vivendo potrebbe non essere colta nella sua peculiarità dalle regole ordinarie di redazione del bilancio, ha adottato due misure volte a mitigare gli effetti negativi nella rappresentazione di bilancio:
- la rivalutazione straordinaria dei beni materiali e immateriali e delle partecipazioni dell’impresa (art.110) – approfondito in uno dei nostri Alert nel Clever Desk
- la sospensione dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali (art. 60, commi da 7-bis a 7-quinquies).
Il presente approfondimento intende analizzare tale ultima misura anche alla luce dei chiarimenti forniti dalla Circolare Assonime n.2 dell’11 febbraio 2021 e delle posizioni espresse dall’Organismo italiano di contabilità nella bozza di documento interpretativo (OIC, Documento interpretativo n. 9), documenti che hanno trattato i molti temi ancora in discussione riguardanti questa norma di carattere eccezionale.
Con riguardo alla sospensione degli ammortamenti, la legge di conversione n. 126/2020 ha introdotto, nell’art. 60 del Decreto Agosto, i sopraccitati commi da 7-bis a 7-quinquies secondo cui i soggetti non IAS adopter possono non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali.
In tal modo la quota di ammortamento non effettuata risulta imputata al conto economico dell’esercizio successivo, prolungando di fatto il piano di ammortamento originario di un anno. I soggetti che si avvalgono della sospensione devono destinare a una riserva indisponibile utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata mentre la nota integrativa deve dare conto delle ragioni della deroga, dell’iscrizione della riserva e dell’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio.
Tale norma, che desta certamente più di qualche perplessità sotto il profilo strettamente civilistico, posto che viene concessa la possibilità di non stanziare in bilancio un costo che risulta essere di competenza dell’esercizio, costituisce un’ulteriore possibilità rispetto a quella da sempre contenuta nell’art. 2426 c.c. che consente la modifica dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati con obbligo di illustrazione e motivazione nella nota integrativa.
1. Ambito di applicazione
Come sopra accennato la disciplina in commento riguarda tutte le società che non adottano, nella redazione del bilancio, i principi contabili internazionali. In tale ambito pertanto rientrano le società che redigono il bilancio secondo le norme del codice civile e dei corrispondenti principi contabili OIC, gli intermediari non IFRS che redigono il bilancio secondo le regole del decreto legislativo n. 136/2015 e le imprese di assicurazione che non seguono nella redazione del bilancio d’esercizio i principi contabili internazionali.
Secondo Assonime rientrano nell’ambito di applicazione della norma anche le società che ricadono nella categoria delle “micro-imprese” ai sensi dell’art. 2435-ter c.c. – le quali utilizzano lo schema semplificato di redazione del bilancio senza la redazione della nota integrativa – stante il fatto che gli obblighi informativi richiesti dalla normativa da assolvere in tale documento possono essere evidenziati in calce allo stato patrimoniale.
In merito al bilancio a cui applicare la disciplina in esame, la norma afferma espressamente che la facoltà di deroga agli ammortamenti è applicabile “nell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto” e quindi ai bilanci relativi agli esercizi in corso alla data del 15 agosto 2020 (e.g. bilanci al 31 dicembre 2020). In considerazione dell’evoluzione della situazione economica derivante dalla pandemia da Covid-19 lo stesso legislatore fa inoltre salva la possibilità di estendere la misura anche agli esercizi successivi, attraverso l’emanazione di un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.
Una particolare riflessione va fatta considerando l’impatto della disciplina in commento in termini di bilancio consolidato. Si potrebbero in effetti presentare le seguenti situazioni: l’ipotesi in cui tutte le imprese incluse nel consolidato abbiano usufruito della deroga; quella in cui la deroga è stata utilizzata dalla sola consolidante; quella in cui la deroga è stata utilizzata da tutte o alcune delle controllate.
Al riguardo, viene richiamato quanto disposto dal documento interpretativo OIC 9 il quale si esprime nel senso che la facoltà di deroga si applichi anche alle società tenute a redigere il bilancio consolidato secondo le disposizioni del D.Lgs. n. 127/1991. In particolare, esso precisa che le disposizioni del documento si applicano al bilancio consolidato redatto dalla capogruppo, pure nell’ipotesi in cui essa non si sia avvalsa “della deroga nel proprio bilancio d’esercizio.
In tale situazione, il bilancio consolidato recepisce gli effetti della deroga con riferimento alle sole società consolidate” che hanno utilizzato la deroga. La deroga consente, in materia di ammortamenti, l’utilizzo di criteri di valutazione di gruppo non omogenei. In pratica, con tale indicazione si permette, in sede di bilancio consolidato, la ripresa dei valori delle singole società consolidate, così come espressi nei loro bilanci d’esercizio, senza la necessità di una rettifica volta a uniformare i criteri di valutazione.
Per quanto riguarda i cespiti coinvolti la previsione in esame riguarda, in termini generali, le immobilizzazioni materiali e le immobilizzazioni immateriali, compreso l’avviamento, inteso come quella parte del costo dell’acquisizione a titolo oneroso di un’azienda o di un ramo d’azienda che non è attribuibile a singoli elementi patrimoniali. Se pure si tratta di un’entità non rappresentata da un bene giuridicamente tutelato, poiché si tratta di un valore sicuramente rientrante tra le immobilizzazioni immateriali, secondo Assonime non vi dovrebbe esser dubbio sul fatto che anche tale posta sia suscettibile di rientrare nel campo d’applicazione della norma in esame.
In senso analogo, si deve ragionare anche con riferimento ai costi di impianto e di ampliamento e ai costi di sviluppo. Trattandosi di norma di favore di carattere generale vanno inoltre compresi nella deroga i beni acquisiti nel corso dell’esercizio per i quali la quota spesa viene recuperata al termine del piano di ammortamento e non nell’anno successivo.
Il Documento interpretativo OIC 9 si sofferma anche sulla questione se la sospensione degli ammortamenti debba necessariamente riguardare intere classi di immobilizzazioni o possa essere applicata anche a singoli cespiti. Considerato che la sospensione può essere fondata su varie tipologie di giustificazioni che possono riguardare anche singoli cespiti si deve ritenere possibile applicare la deroga a singoli elementi delle immobilizzazioni, a gruppi di immobilizzazioni oppure all’intera voce di bilancio. L’unica precauzione è costituita dall’avvertenza che la scelta su quali beni coinvolgere deve essere coerente con le ragioni che hanno indotto la società a non effettuare gli ammortamenti.
2. Le modalità di applicazione della sospensione degli ammortamenti
L’art. 2426, primo comma, n.2) c.c. stabilisce che il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione.
Rispetto a questa disciplina, l’art. 60, commi da 7-bis a 7-quater, del Decreto agosto contempla una deroga che presenta due componenti: la sospensione dell’ammortamento e il prolungamento di un esercizio del piano di ammortamento originario.
La sospensione comporta che la società può non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni, mantenendo il valore di iscrizione così come risultante dall’ultimo bilancio regolarmente approvato.
In considerazione di quanto sopra la sospensione dell’ammortamento può anche non essere integrale ma può rilevare come una riduzione della quota annuale prevista nel piano di ammortamento originario lasciando all’estensore del bilancio la decisione di sospendere l’ammortamento anche per una percentuale inferiore al 100%.
Particolare attenzione deve essere posta sul criterio in base al quale è possibile sospendere gli ammortamenti dei beni (nella nota integrativa la società deve dar conto delle ragioni che l’hanno indotta a utilizzare il meccanismo di sospensione degli ammortamenti). La deroga all’obbligo di ammortamento può infatti trovare una giustificazione in tutti i casi in cui vi è una mancata o ridotta utilizzazione di singoli beni o classi di beni ma anche quando deriva in senso più ampio dal fatto di aver subito, a livello economico, gli effetti negativi della pandemia da COVID-19.
3. Il prolungamento del piano di ammortamento
La norma prevede che la quota di ammortamento non effettuata è imputata al conto economico relativo all’esercizio successivo. Con lo stesso criterio, sono differite le quote successive, prolungando il piano di ammortamento originario di un anno.
Nel caso in cui al minor ammortamento non sia associata un’estensione della sua vita utile, a causa ad esempio di vincoli contrattuali o tecnici, il prolungamento di un anno del periodo di ammortamento non può essere considerato un effetto di natura automatica derivante dall’utilizzo della deroga in commento ma deriva dalla concreta valutazione sulla sussistenza di una estensione da parte dell’utilizzatore nel tempo del cespite da parte dell’impresa rispetto al piano di ammortamento originario.
4. La riserva indisponibile
La società che si avvale della deroga in esame e sospende per l’esercizio in corso l’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni, in sede di approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 15 agosto 2020, è tenuta a destinare utili di ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata a una riserva indisponibile. Nel caso in cui gli utili d’esercizio siano di importo inferiore a quello della quota di ammortamento, la riserva è integrata utilizzando le riserve disponibili. In assenza di riserve, la riserva è integrata accantonando gli utili degli esercizi successivi.
La riserva così costituita è qualificata come riserva indisponibile che non potrà essere distribuita ai soci né imputata a capitale ma potrà essere utilizzata a copertura perdite.
La norma non indica i meccanismi di liberazione della riserva indisponibile. Si presume pertanto che nell’ipotesi in cui il periodo di ammortamento sia stato prolungato di un anno, la riserva diverrà disponibile al termine del periodo di ammortamento; nel caso invece in cui il periodo di ammortamento risulti immutato (e la quota di ammortamento non effettuata sia spalmata lungo la residua vita utile), la liberazione avverrà gradualmente nel corso degli esercizi, in relazione alla misura della maggiore quota imputata. È da ritenere inoltre che la liberazione possa avvenire anche in caso di vendita dell’immobilizzazione o di una sua svalutazione.
5. Nota integrativa
Come sopra anticipato, nella Nota Integrativa gli estensori del bilancio relativo all’esercizio in corso alla data del 15 agosto 2020 devono dare contezza delle ragioni che hanno indotto ad avvalersi della deroga nonché indicare su quali immobilizzazioni e in che misura non sono stati effettuati gli ammortamenti, e l’impatto della deroga in termini economici e patrimoniali.
In merito alle indicazioni sulle ragioni della deroga, Assonime ritiene che nella nota integrativa si debba indicare di aver utilizzato la deroga con alcuni sintetici cenni sulle motivazioni poste alla base della scelta. Non appare invece necessaria un’illustrazione analitica delle ragioni della deroga.
Per quanto riguarda l’impatto della deroga in termini economici e patrimoniali, si dovrà precisare la diversa consistenza dello stato patrimoniale e del conto economico in assenza della sospensione dell’ammortamento.
6. La disciplina fiscale
Il comma 7-quinquies dell’art. 60 del DL n.104 del 2020 stabilisce che è ammessa la deduzione della quota di ammortamento sospesa ai fini civilistici, nei limiti previsti dalla disciplina IRES ed IRAP, indipendentemente dalla sua imputazione a conto economico.
Secondo Assonime, dal punto di vista fiscale, non siamo in presenza di un regime opzionale come quello previsto a livello civilistico. Così come viene riconosciuta la possibilità di scegliere se avvalersi o meno del regime di sospensione degli ammortamenti ai fini civilistici, non verrebbe ammessa la possibilità di effettuare la medesima scelta ai fini fiscali.
L’Agenzia delle Entrate si è espressa sul punto nell’ambito di Telefisco 2021. In tale sede, nel rispondere ad una domanda circa la natura obbligatoria o facoltativa della deduzione degli ammortamenti sospesi ai fini contabili ha osservato che la “norma raccorda, da un punto di vista fiscale, la facoltà riconosciuta in sede contabile prevedendo, in particolare, che la mancata imputazione a conto economico nel 2020 della quota di ammortamento non influisce sulla deducibilità fiscale della stessa, la quale resta confermata a prescindere dall’imputazione a conto economico”.
La deduzione extracontabile obbligatoria della quota di ammortamento relativa al 2020, pertanto, crea un disallineamento tra valore contabile e valore fiscale del bene tale da richiedere lo stanziamento di imposte differite passive, ossia delle imposte corrispondenti alla quota di ammortamento contabile non stanziata in bilancio che dovrà essere ripresa a tassazione in futuro, al momento del suo transito a conto economico.
A seguito di ciò, il beneficio in termini patrimoniali sul bilancio 2020 derivante dal mancato stanziamento delle quote di ammortamento risulterà pari all’importo delle quote sospese al netto delle imposte differite passive da stanziare contestualmente in bilancio.
Inoltre, tale impostazione potrebbe anche incidere sull’entità della riserva indisponibile da costituire a fronte del mancato stanziamento degli ammortamenti. Benché l’art. 60, comma 7 ter, testualmente stabilisca che la riserva in questione deve essere di “ammontare corrispondente alla quota di ammortamento non effettuata” è chiaro che gli utili da assoggettare a vincolo per effetto dell’applicazione della disciplina in esame dovrebbero essere anch’essi ragguagliati non più all’ammontare lordo degli ammortamenti non stanziati in bilancio, ma all’importo degli ammortamenti al netto delle imposte differite passive corrispondenti.