Approfondimento

I premi di risultato “detassabili”

tophic image
Contents

Premessa

In un mercato del lavoro che appare ogni giorno sempre più competitivo, emerge la necessità da parte dei datori di lavoro di avere a disposizione diversi strumenti utili a fidelizzare il proprio personale, soprattutto con riferimento ai lavoratori chiave, nonché attrarre nuove risorse, al minor impatto possibile in termini di costo.

Proprio per far fronte a tali esigenze, il Legislatore ha cercato di introdurre, e con il tempo rafforzare, diverse forme di retention del personale, che oggi si concretizzano in una particolare attenzione nei confronti dei fringe benefits e del welfare aziendale, anche in connessione con la normativa in materia di premi di risultato detassabili.

 

I premi di risultato c.d. “detassabili”

Tra i principali strumenti di fidelizzazione del personale, utilizzati dalle imprese che operano nel mercato italiano, abbiamo sicuramente i premi di risultato c.d. “detassabili”. Con premi di risultato detassabili si intendono premi di ammontare variabile, la cui corresponsione è legata al raggiungimento di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti dal Ministero; requisiti, quindi, essenziali affinché il premio possa considerarsi detassabile.

 

Soggetti beneficiari

Nell’ottica di garantire piani di incentivazione agevolati anche a favore di quella parte del personale identificato come “motore dell’azienda”, la detassazione del premio di risultato, come sopra identificato, è rivolto ai lavoratori dipendenti che nell’anno precedente a quello di erogazione del premio siano stati titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore a 80.000 euro annui. 

La detassazione del premio di risultato consiste nell’applicazione di una tassazione fissa, la cui misura è nettamente inferiore rispetto alla tassazione ordinaria oggi applicata sugli emolumenti di natura retributiva, quali anche premi/bonus non rientranti nella categoria dei c.d. premi “detassabili”. Nello specifico, i premi di risultato c.d. “detassabili” sono soggetti a un’imposta sostitutiva del 5% (l’imposta originaria è del 10%, successivamente ridotta con le varie Leggi di Bilancio). Il vantaggio, quindi, si identifica in una riduzione del prelievo fiscale a carico del lavoratore beneficiario del premio, con conseguente maggior guadagno a favore di quest’ultimo.

Al momento la detassazione opera solo sull’assoggettamento fiscale del premio. Rimangono, infatti, interamente dovuti i contributi previdenziali, a eccezione dei lavoratori coinvolti pariteticamente al lavoro, dove il datore di lavoro può beneficiare di una forma di decontribuzione del 20% su un importo di premio pari ad 800,00 euro annui, mentre il lavoratore, sul medesimo importo, non versa alcuna contribuzione.

Oggi l’importo massimo di premio detassabile è di 3.000€ annui (da intendersi come importo fiscalmente imponibile) e l’applicazione della detassazione del 5% soggiace alla sottoscrizione di accordi di secondo livello tra le aziende e le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle RSA ovvero dalle RSU.

 

Un’ulteriore opportunità: le forme alternative/sostitutive al premio di risultato c.d. “detassabile”

Visti i limitati vantaggi garantiti dal premio di risultato, il Legislatore ha consentito la sostituzione dei premi di risultato c.d. “detassabili” con i fringe benefits, in senso proprio, nonché con il welfare aziendale, al fine di consentire maggiore flessibilità nel loro utilizzo e garantire la più ampia scelta sia per il datore di lavoro che per il lavoratore.

Tale flessibilità consiste proprio nella possibilità attribuita dalla Legge di prevedere la conversione di tutto o parte del premio detassato (nel limite massimo dell’importo detassabile) in welfare aziendale ovvero in specifici fringe benefits. La scelta della convertibilità è interamente rimessa al lavoratore.

In particolare, con riferimento al welfare aziendale, la conversione del premio può riguardare tutte le opere e i servizi rientranti nel paniere del welfare di cui all’art. 51 comma 2 lettera f), fbis) e fter) del TUIR (opere e servizi per finalità sociali, opere e servizi per educazione e istruzione, opere e servizi per l’assistenza a familiari anziani e/o non autosufficienti) nonché ai beni e alle erogazioni in natura effettuate ai sensi del successivo c.3 della citata disposizione.

In merito, invece, ai fringe benefits, la conversione può riguardare, a titolo d’esempio, i seguenti beni/servizi:

  • concessione dell’auto aziendale;
  • concessione di fabbricati al lavoratore in locazione, in uso o in comodato;
  • concessione di prestiti.

Per completezza si segnala che il Legislatore ha consentito la conversione del premio di risultato anche con:

  • contributi dovuti a forme pensionistiche complementari;
  • contributi dovuti a forme di assistenza sanitaria integrativa con finalità assistenziali;
  • con azioni.

  

Conclusioni

Sicuramente, la presenza di strumenti di fidelizzazione aggiuntivi alla mera retribuzione quali l’adozione di piani di premi di risultato c.d. “detassabili” (e non solo), garantisce alle aziende che ne sono in possesso di essere maggiormente competitive ed attrattive nel mercato del lavoro. Non solo, la presenza di piani di incentivazione che prevedano anche la possibilità di conversione in altre forme di beni e servizi (come fringe benefits in senso proprio ovvero in welfare aziendale) offre ai lavoratori la possibilità di poter scegliere la tipologia di erogazione che più si attaglia alle proprie necessità (aumentando anche il senso di “inclusione” aziendale).

In tal modo si garantisce altresì un alleggerimento ovvero un azzeramento dell’impatto fiscale e contributivo per questi ultimi (ad esempio con la conversione del premio in welfare aziendale), oltre a consentire una rilevante riduzione dei costi a carico dell’azienda.

promo image

Fringe Benefit e Welfare aziendale

Scarica il PDF [2908 kb]