Approfondimento

Transazione fiscale, più difficile l’omologazione forzosa

Gabriele Felici
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Il 15 luglio 2022 è giunta a compimento l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), che sostituisce la Legge fallimentare del 1942, a seguito di un lungo percorso normativo e dei numerosi rinvii imposti dalla pandemia, nonché dalla necessità di adattare gli istituti originariamente previsti dal Codice ai principi della direttiva europea (UE) 1023/2019 in tema di ristrutturazione e insolvenza; si tratta di una riforma fondamentale per la salvaguardia del valore delle imprese, per un’efficiente tutela dei creditori e per il sistema economico nel suo complesso.

In tale ambito, il trattamento dei crediti tributari e contributivi (già noto come “transazione fiscale”), soprattutto nell’attuale momento storico, riveste una importanza accresciuta dalle difficoltà economiche delle imprese, che hanno determinato un aumento delle istanze di definizione concorsuale delle relative posizioni debitorie; di conseguenza, anche i problemi applicativi connessi a tale istituto rivestono una scottante attualità.

A tal proposito, già nel recente passato (2017), decisive modifiche erano state introdotte nella Legge fallimentare, al fine di recepire quanto affermato dalla Corte Giustizia UE e superare la precedente regola dell’impossibilità di sottoporre a falcidia (cioè, offrire un soddisfacimento meno che integrale e al più dilazionato) i debiti per IVA e ritenute.

In base ai principi della riforma, la possibilità di sottoporre a soddisfacimento parziale l’Erario rientra in quella, più generale, di sottoporre a falcidia qualunque creditore privilegiato, purché lo stesso non venga trattato in modo deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria.

Vi è quindi un riequilibrio delle ragioni dell’impresa rispetto a quelle dei suoi creditori, e non di una prevalenza a prescindere di queste ultime, che può eventualmente riemergere in un’ottica prettamente liquidatoria, quando non vi siano altri interessi “aziendalistici” od occupazionali da tutelare; tale riequilibrio dei diversi interessi opera, quindi, anche per i creditori tributari e contributivi, non più destinatari di un trattamento necessariamente di favore rispetto all’alternativa fallimentare.

Più di recente però, anche al fine di porre rimedio al rischio di “abuso” di tale istituto ed in attesa dell’entrata in vigore del relativo decreto legislativo integrativo o correttivo, il D.L. n. 69 del 13 giugno 2023, in sede di conversione avvenuta con la L. n. 103 del 10 agosto 2023, ha apportato importanti novità relativamente alla transazione su crediti tributari e contributivi nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinata dall’art. 63 del D.Lgs. n. 14/2019 (CCII).

La precedente versione della normativa prevedeva, anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza assistenza, ai quali era destinata una soddisfazione parziale dei tributi dovuti, la possibilità di omologazione c.d. “forzosa” degli accordi di ristrutturazione da parte del Tribunale compente; tale strumento è definito Cram down fiscale.

La nuova previsione normativa (introdotta con l’art. art. 1-bis del decreto legge) risulta tuttavia più stringente rispetto alla precedente e prevede che il Tribunale possa omologare gli accordi di ristrutturazione, anche in mancanza di accordo da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza assistenza, alla presenza congiunta dei seguenti requisiti:

  • gli accordi non devono avere carattere liquidatorio;
  • l’adesione da parte dell’amministrazione finanziaria è determinante per il raggiungimento delle percentuali stabilite dall’art. 57, comma 1 (60%), e 60, comma 1 (30%), del CCII;
  • il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione deve essere pari ad almeno il 25% dell'importo complessivo dei crediti;
  • la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione finanziaria o dei predetti enti, anche secondo quanto deve esposto nella relazione del professionista indipendente, deve essere conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria che deve essere specificatamente valutata da parte del tribunale in sede di omologa;
  • il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie deve essere almeno pari al 30% dell'ammontare dei rispettivi crediti, inclusi sanzioni e interessi.

Nel caso in cui il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti risulti inferiore al 25% dell’importo complessivo degli stessi, fatte salve le altre condizioni, la percentuale minima di soddisfazione dei crediti dell'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è incrementata al 40%. Inoltre, in tale fattispecie, è previsto che la loro soddisfazione non possa essere dilazionata in un periodo superiore a dieci anni, con il pagamento degli interessi legali per la dilazione richiesta.

Le modifiche sopra riportate hanno effetto esclusivamente sugli accordi di ristrutturazione dei debiti e non anche per le transazioni fiscali definite nell’ambito di concordati preventivi.

La modifica dell’istituto della transazione fiscale è stata decisa anche a seguito di recenti pronunce di omologazione di accordi ristrutturazione, attraverso lo strumento del Cram down, che prevedevano lo stralcio del valore dei crediti vantati dall'amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie anche in misura superiore al 90%.

Pertanto, al fine di evitare un utilizzo “distorto” dello strumento del Cram down fiscale, ma tuttavia coerente con le vigenti previsioni normative, il Governo ha introdotto, in sede di conversione del D.L. n. 69/2023 le novità sopra esaminate ed, in particolare, i limiti minimi di soddisfazione dei crediti dell’amministrazione finanziaria, fissati, a seconda dei casi, in misura pari al 30% ed al 40%.

Le nuove condizioni per l’utilizzo dello strumento della transazione fiscale, così come emanate dal Governo, renderanno più difficoltoso il ricorso a tale strumento nell’ambito degli accordi di ristrutturazione e, pertanto, sarebbe auspicabile una revisione al ribasso delle percentuali di soddisfazione minime che possano favorire un maggior utilizzo di tale strumento e tuttavia evitare la proposizione di proposte ritenute “abusive”, conseguendo un nuovo riequilibrio tra gli interessi dell’impresa e quelli dei creditori.

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