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Riforma Fiscale: l’autotutela. Uno strumento di garanzia nel rapporto con l’Amministrazione finanziaria

Giulio Tedeschi
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Quadro normativo di riferimento 

Nell’ambito della Riforma Fiscale introdotta dalla Legge n. 111 del 2023, il Legislatore è intervenuto modificando lo Statuto dei Diritti del Contribuente, L. 212/2000 mediante approvazione del Decreto legislativo n. 219/2023, entrato in vigore il 18 gennaio 2024[1].

La riforma tributaria, sul tema, si era proposta di “… potenziare l’esercizio del potere di autotutela estendendone l’applicazione agli errori manifesti nonostante la definitività dell’atto, prevedendo l'impugnabilità del diniego ovvero del silenzio nei medesimi casi nonché, con riguardo alle valutazioni di diritto e di fatto operate, limitando la responsabilità nel giudizio amministrativo contabile dinanzi alla Corte dei conti alle sole condotte dolose …”

Il decreto 219/2023 si compone di 3 articoli e si propone di valorizzare il principio del “legittimo affidamento del contribuente” e il principio di “certezza del diritto”.

In questo Alert vengono sintetizzate alcune novità.

Come noto, l’istituto dell’Autotutela definisce la potestà di ogni pubblica amministrazione di risolvere un conflitto attuale o potenziale di interessi e in particolare di sindacare la validità dei propri atti producendo effetti incidenti su di essi. È il potere di riesaminare dei provvedimenti amministrativi da parte della stessa amministrazione.

In ambito tributario l'istituto è stato interessato da una continua serie di interventi legislativi che consentivano di fornire la seguente definizione (ora superata): “Salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell'amministrazione finanziaria possono procedere all'annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento mutilato, comunicato al destinatario dell'atto”.

La normativa però nulla disponeva in merito all’organo competente a esercitare il potere di autotutela, né alla modalità di esercizio del medesimo, né alla tipologia di vizi che potevano condurre all'annullamento del provvedimento viziato.

Da qui le molteplici difficoltà al concreto ricorso all'istituto.

Autotutela obbligatoria ed autotutela facoltativa

Tra le numerose novità introdotte con tale decreto, viene in rilievo la differenza tra la c.d. Autotutela obbligatoria e l’autotutela facoltativa

Per cui, ai sensi dell’art.1, comma 1, lettera m), art. 10 quater il Legislatore della riforma fiscale è intervenuto introducendo l’autotutela obbligatoria.

È disposto che l’Amministrazione Finanziaria debba procedere all’annullamento o alla rinuncia degli atti di imposizione, senza istanza di parte, in casi ben specifici:

  • Errore di persona;
  • Errore di calcolo;
  • Errore sull’individuazione
  • Errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile;
  • Errore sul periodo di imposta;
  • Regolari pagamenti di imposta non considerati;
  • Mancanza di documentazione non sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

L’annullamento d’ufficio, totale o parziale, può avvenire anche se l’atto non è stato impugnato o se al contrario sia pendente un contenzioso.

Si tratta di casi in cui l’errore è facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.

In questo caso, l’autotutela si può richiedere quando non sussista una sentenza favorevole definitiva.

Per tutti i casi che, invece, non rientrano nelle fattispecie elencate, con l’art. 1, comma 1, lett. m), art. 10 quinquies è stata introdotta l’Autotutela facoltativa.

Questa può essere esercitata anche senza istanza di parte, in pendenza di giudizio e in riferimento ad atti ormai definitivi, quando ricorrono casi di illegittimità o infondatezza dell’atto o dell’imposizione.

Con queste precisazioni normative – qui solo sinteticamente rappresentate – ha delineato un nuovo contesto normativo che comporta una piena tutela giuridica in capo ai contribuenti, definendo l’istituto e la sua concreta applicazione anche nell’ambito dei comportamenti dell’amministrazione finanziaria.


Altre novità

Le novità apportate dal Decreto Legislativo n. 219 si riflettono anche in ambito di contenzioso tributario e così consentono ad oggi la possibilità di impugnare le risposte alle seguenti istanze di autotutela:

  • g-bis) il rifiuto espresso o tacito sull'istanza di autotutela nei casi previsti dall'articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212;
  • g-ter) il rifiuto espresso sull'istanza di autotutela nei casi previsti dall'articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212.

Viene inoltre precisato che, ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992 (decreto che disciplina il contenzioso tributario), il rifiuto da parte dell’Amministrazione Finanziaria si cristallizza nel momento in cui sono decorsi 90 giorni dalla domanda del contribuente.

Ad ogni modo, resta comunque valido la facoltà del contribuente di impugnare l’atto entro il termine decadenziale dei 60 giorni, per non rimanere senza alcuna tutela.

Con le novità apportate alla Legge n. 212/2000 (legge sullo statuto del contribuente, anch’esso modificato dalla riforma fiscale), riferite rispettivamente all’autotutela obbligatoria e facoltativa, viene superato il principio oramai consolidato in giurisprudenza per cui l’impugnazione del diniego di autotutela, quale atto discrezionale, è impugnabile solo a fronte dell’indicazione dell’esistenza di un interesse di rilevanza generale alla rimozione dell'atto da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Per effetto del D. Lgs. 219/2023 sarà pertanto impugnabile il diniego sia espresso che tacito per l'autotutela obbligatoria; viceversa, per l'autotutela facoltativa l'impugnabilità è limitata al solo diniego espresso, senza che rilevi il suddetto l'interesse e a prescindere della definitività dell'atto.

La conseguenza è che, nel caso di autotutela facoltativa, si rischia di sottrarre al contribuente una tutela in quanto viene meno il suo diritto ad avere una risposta all’istanza presentata all’Amministrazione Finanziaria, senza la possibilità di impugnare l’eventuale silenzio.

Alla luce di tale limite, quindi, si auspica un intervento correttivo del legislatore e/o della giurisprudenza costituzionale che ammetta l'impugnazione anche del diniego tacito avverso l'autotutela facoltativa, al fine di evitare che la tutela del contribuente sia sostanzialmente subordinata alla discrezionalità della Amministrazione finanziaria.

Conclusivamente si può affermare che la riforma di cui si discute offre lo strumento, rafforzato, dell’autotutela come ulteriore modalità per gestire il rapporto “fisco-contribuente”, seppur con alcune, auspicabili, aree di miglioramento.  


 
[1] Ma rileva anche il D.Lgs. 220/2023, anch’esso emanato in attuazione della delega fiscale, in tema di “contenzioso tributario”.